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Il Falconiere

Mi sono avvicinato alla Falconeria la prima volta che ho visto un rapace. Molti mi chiedono perché mi dedichi con così tanta pazienza, ardore e tempo a questa passione. Non posso spiegarlo, è una cosa che mi arriva da dentro e che mi permette di digerire i molti fastidi dati da impegni e doveri. Se dovessi tradurre un rapporto di Falconeria, lo descriverei come un rapporto di devozione del Falconiere verso il Falco, di impegno continuo per il suo benessere, di sottomissione alle necessità del Falco e alle sue esigenze prima di quelle proprie. Tutto ciò senza sacrificio ma con foga, senza limitazioni ma con generosità. Questo è un donare oscuro verso qualcosa di assolutamente irriconoscente.

Il percorso per divenire Falconiere è lungo e richiede un discreto isolamento dal mondo, grosse quantità di tempo ma soprattutto è impegnativo psicologicamente. La Falconeria è considerata un’arte proprio perché non tutti possono riuscirci e benché meno, eccellere. Essere Falconiere vuol dire creare un legame indissolubile con questi predatori, in cui loro soli dettano legge e noi possiamo unicamente cercare di decodificare le loro azioni. Nulla possiamo fare per imporre il nostro volere, se non ascoltare e adattare dei condizionamenti ai loro impulsi.
Gli anni passarono e iniziai a viaggiare per acquistare Falchi e conoscere altri Falconieri all’estero, soprattutto in Slovenia, Austria, Inghilterra, Francia. La selezione degli amici accresceva secondo il mio grado di Falconeria e il mio termometro di sensibilità verso la considerazione degli uomini che incontravo. Come in tutte le arti, è difficile incontrare gente il cui stile di vita e mentale si avvicina al proprio: molti praticano la Falconeria per accrescere la loro figura sociale, altri nulla capiscono ma si divertono ad appartenere a un clan, altri ancora, sono innamorati di questi rapaci ma poco ne capiscono per la scarsa capacità di empatia, altri lo fanno per un ritorno economico, altri lo fanno con passione, intelligenza e impegno. Di questi ultimi ne incontrai alcuni e furono miei compagni di discussioni e confronti continui ed insieme alla mia libreria, in cui studiavo le possibilità di addestramenti, prede, territori e venti; nozioni che all’inizio faticavo a mettere insieme per gestire un complesso ensemble.

La vita con uno o più Falchi, di cui uno spesso in ammansimento, è una vita dedicata a loro, di isolamento dalla società o, sebbene ci si colleghino svaghi ed interazione sociale, si è generalmente dedicati a stare da soli coi propri compagni per creare e solidificare questo rapporto rapace. In questi periodi lascio scorrere spesso la fantasia nei loro confronti, ci dialogo e cerco di capire le loro necessità, i loro comportamenti, studio e annoto le loro reazioni a situazioni atmosferiche, di caccia e agli umani. Entrare nella loro testa è il lavoro più difficile ma più ricompensante. Sono animali insoliti, senza emozioni e affezioni, con il bisogno e il potere di uccidere, con l’eleganza che ti brucia la pelle come col tuo primo amore, con la tenacia e l’orgoglio di una quercia che mai si piegherà ai venti, se non con la furia di un lampo fulmineo. Il segreto è capire come capirli. E il grado di immersione nel loro mondo, è la misura della riuscita in questa arte.